Questione di drop: il ruolo differenziale nelle scarpe da corsa 2.0
Come nel retail in cui si è passati all’era 4.0 dove il digital e l’ IoT fanno la voce grossa, anche nel settore running stiamo attraversando un passaggio epocale, che potremmo chiamare 2.0, dove le nuove tecnologie e i nuovi studi stanno in parte rivoluzionando la scelta delle calzature da running che diventano sempre più “universali” e “natural”.
In questo nuovo contesto entrano in gioco nuovi concetti che devono essere necessariamente analizzati.
Il drop o offset di una calzatura, è la differenza di altezza (in mm) dell’intersuola tra la zona del tallone e quella dell’avampiede, per tale motivo determina l’inclinazione del piede mentre corriamo.
L’intersuola o “midsole”, per chi non lo sapesse, è il vero core (nucleo) della scarpa, è sui compound di elastomeri che la compongono, che si combatte la battaglia tra i vari brand del settore, per garantire la migliore protezione e la migliore performance…..senza trascurare la longevità.
Originariamente sulle scarpe da corsa si utilizzavano drop di circa 12mm in quanto, il famoso “tacco punta” risultava la metodologia di corsa più consona agli amatori.
Nel corso degli anni si sono susseguiti studi di biomeccanica della corsa, eseguiti dalle maggiori università del mondo, che hanno in parte stravolto, senza però dare certezze assolute, i fondamentali del “running” valorizzando appunto il concetto di “drop” e di tipologia di “striker”.
Prima di analizzare quindi l’effetto del drop sulla scelta della scarpa da corsa è necessario suddividere la famiglia dei runner in tre tipologie:
- Rearfoot striker. Parlavamo di tacco punta giusto? La gran parte degli amatori (circa il 90%) tende ad appoggiare prima il tallone a terra per poi passare al mesopiede (zona centrale).
- Midfoot striker. L’atterraggio in questo tipo di runner avviene prima sul mesopiede (circa l’ 8%). Secondo gli ultimissimi studi di biomeccanica della corsa, l’appoggio sul mesopiede migliora la protezione, scaricando l’energia di impatto a terra su una superficie più grande e migliora anche l’efficienza della rullata.
- Forefoot striker. La corsa sull’avampiede, in genere prerogativa degli atleti da pista o di quelli professionisti. Ad appoggiare per primo a terra è in questo caso l’avampiede. E’ forse l’appoggio più efficiente ma anche quello più sollecitante per le articolazioni, per cui non è per tutti (circa il 2%).
La scelta del drop della scarpa deve necessariamente tenere conto di queste differenze oltre a valutare attentamente le eventuali patologie del runner in questione.
Un drop basso sollecita di più la zona posteriore della gamba (tibiale posteriore, soleo, gastrocnemio, tricipite surale e tendine di achille si elongano di più), questa elongazione permette però un maggior accumulo di energia elastica e di conseguenza una maggiore reattività. Ma una maggiore reattività porta in genere ad una falcata più ampia e quindi ad una frequenza di passo più bassa, annullando quindi i benefici sulla velocità di corsa. D’altro lato il conseguente spostamento del baricentro del piede dal tallone al mesopiede, diminuisce il carico sulle ginocchia rendendo la rullata più naturale. Bisogna quindi esaminare attentamente i pro e i contro, valutando runner per runner quale sia la scelta più giusta da fare e soprattutto cercare di comprendere quali siano le variazioni posturali alle quali si può andare incontro.
Non è una caso che i maggiori produttori fautori del drop basso abbinino alle loro scarpe protettive, delle intersuole molto alte in modo da proteggere maggiormente il runner che fa questo tipo di scelta.
Ed è qui che in genere “casca l’asino”, attenzione a non confondere la massima altezza dell’intersuola con il drop……sono cose ben differenti.
Facciamo un esempio pratico, ragioniamo per assurdo, ipotizziamo di avere una scarpa con un’ altezza dell’intersuola sulla zona tallonare pari a 30mm e un’altezza dell’intersuola nella zona avampiede pari a 24mm, il drop sarà quindi solo 6mm (30-24) quindi basso, ma l’altezza max di intersuola è ben 3cm (quindi altissima).
A dire la verità, se andiamo a rileggere attentamente i risultati effettuati su diverse tipologie di runner con diverse scarpe e quindi diversi drop, l’unica tendenza che viene fuori in relazione agli infortuni è che gli infortuni più diffusi con il drop alto riguardano le ginocchia mentre quelli con il drop basso riguardano il tendine di achille. Inoltre approfondendo i risultati, si nota che i runner “della domenica” non risultano avere particolari problematiche abbassando il drop mentre quelli più assidui a lungo andare arrivano a presentare qualche piccolo problemino.
In conclusione quindi, esiste un drop migliore? Probabilmente no, ed a rafforzare questa tesi abbiamo il diverso atteggiamento dei maggiori produttori, che si sono schierati sull’argomento in alcuni casi in modo diametralmente opposto, specie nei loro prodotti più protettivi.
Come store manager di punti vendita specializzati running, prima che runner navigato, non posso quindi che consigliarvi di rivolgervi sempre a personale specializzato per la scelta della scarpa, valutando in casi border line un consulto con un posturologo per comprendere se le variazioni posturali dovute ad un cambio di drop significativo (direi da 4mm in su) possano portare ad eventuali problematiche.
Tommaso De Caro
Responsabile Commerciale LBM SPORT SRL